La teoria dell’alienazione genitoriale (PAS, Parental Alienation Syndrome ) per decenni ha tormentato un’infinità di madri accusate di manipolare i figli e di indurre false accuse contro l’altro genitore (quasi sempre un padre, ma ci sono casi in cui questa teoria è stata utilizzata contro un padre protettivo contro una madre maltrattante a ruoli rovesciati). E’ una teoria adultocentrica che ha portato ad allontanamenti ingiusti e brutali di bambini colpevoli di aver rivelato situazioni di maltrattamento e di aver trovato ascolto e sostegno in genere in una madre, colpevole a sua volta di aver preso sul serio le rivelazioni di un figlio e di aver cercato di far di tutto per proteggerlo.
I pilastri di questa teoria sono due. Il primo pilastro: la violenza da parte del genitore o da parte del familiare non esiste. Il secondo: Il danno è stato compiuto non dal familiare, accusato dal bambino, bensì dal soccorritore (in genere dalla madre).
Nella prospettiva accusatoria è stato indispensabile dunque affermare e dimostrare due cose.
1. Non c’è stata in famiglia alcuna violenza, non c’è stato – a seconda dei casi – alcun abuso, alcun maltrattamento. Se il bambino l’ha rivelato si può sostenere a priori senza alcun approfondimento, senza alcuna verifica, che se l’è inventato.
2. Se c’è un danno sul bambino, sono i soccorritori ad averlo determinato. E’ il ribaltamento costitutivo delle teorie dell’alienazione parentale che hanno portato alla genesi della classificazione diagnostica della PAS. E’ il soccorritore (in genere la madre) che induce nel bambino una vera e propria malattia psichiatrica: appunto la sindrome di alienazione parentale. Per questo il soccorritore deve essere punito e il bambino deve essere allontanato dal soccorritore.
Sta emergendo dal processo di Reggio Emilia come lo schema della PAS fosse alla base del teorema accusatorio che ha portato all’esplosione del caso Bibbiano e alla persecuzione mediatica che l’ha caratterizzato.
1. Sono state negate tutte le situazioni di maltrattamento e di abuso su cui gli assistenti sociali e gli psicologi erano chiamati ad intervenire con i loro compiti di assistenza e di cura.
2. La colpa del malessere dei bambini è stata data ai soccorritori, il loro intervento non sarebbe stato la conseguenza di un indispensabile e doveroso intervento di protezione, bensì sarebbe stato all’origine della sofferenza e dei bambini. A priori l’ottica accusatoria ha affermato che la sofferenza dei bambini non sarebbe nata in
famiglia, ma semmai dalla messa in discussione dei genitori o dall’allontanamento dalla famiglia oppure dal lavoro dei terapeuti o ancora dall’inserimento nella famiglia affidataria.
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