top of page
Claudio Foti logo

Lettere dal trauma

Immagine del redattore: Claudio FotiClaudio Foti


Come è potuta succedere una cosa del genere a qualche metro di distanza da dove ero io, sua madre? 

 

Il mio nome è Maria e quello di mia figlia Isabella. Ora lei ha quasi 20 anni. Solo adesso lei è riuscita a tirare fuori di sé quello che le era successo quando aveva 7, 8 , 9 anni. Un abuso che si è ripetuto nel tempo. L'autore di questo è un conoscente, proprietario della casa dove abitavamo, un uomo che mentre si avvicinava alla nostra fiducia senza dare sospetti, ha abusato della mia bambina con toccamenti, masturbazione, sottoponendola a forti pressioni come “vi lascio senza casa o faccio lo stesso al tuo fratellino”.

Come è potuta succedere una cosa del genere a qualche metro di distanza dove ero IO, sua madre?? Io per tanto tempo ho ascoltato la mia bambina, la sua tristezza, rabbia, ansia, era una bambina tanto ansiosa. Lei mandava dei segnali, Dott. Foti.

Sono boliviana, vissuta a Torino per tanti anni. Adesso vivo nel mio Paese. Ho divorziato dal padre dei miei figli. Lui ha sempre rifiutato questa bambina. Nel suo essere padre c'è stata sempre una grande debolezza d’amore e una grande incoerenza. Quando lei aveva 10 anni e frequentava le medie, suo padre nel mezzo di una furia incontrollata le strillò che non era una figlia ma una disgrazia. Erano loro due nel bagno, le 7 del mattino, io ero a letto, mi alzai e ricordo solo Isabella prendere il suo zainetto, stringere i denti, le labbra, lottare contro l’emergere del suo dolore.

Ricordo i suoi pianti di notte, all' improvviso.... come non ascoltare il suo dolore? Ma io trovavo la causa di tutto questo nel disamore di suo padre.

E io soffrivo tanto, mio padre è stato un padre meraviglioso. Non conoscevo questa perversione, adesso do un nome a tutto questo. Cercai aiuto nella scuola, con lo psicologo. Un appuntamento che mi lasciò svuotata, piena di dolore. Mi disse “lei signora si metta da parte… lasci suo marito e sua figlia…”. Com’è possibile?, mi chiedo oggi.

Oltre quella perversione di padre, c’era un uomo più perverso ancora...

Che ingiustizia! Certo che mi do le colpe: non ho visto più là di quel dolore... C’era un uomo che entrava in casa e abusava di questa bambina già provata. Lei silenziosa, addolorata, ansiosa, dava i segnali di un grande disagio, ma chi poteva sentirla, ascoltarla, con un padre assente di cuore e con una madre che non vedeva più in là di quel dolore?

Mia figlia, una ragazza intelligentissima, ha dovuto affrontare un’adolescenza terribile, è esplosa come una bomba: droga, rifiuto... tutto, lasciò l'Università, tirò fuori tutta la sua rabbia, con una violenza… ma sua madre era lì con lei, a fare da punching ball (come nella boxe).

Andò in Inghilterra, e lì, in un altro luogo, con altre persone, distante da tutto e da tutti, tirò fuori quell’anima ferita e spezzata.

È tornata da me, da sua sorella e stiamo cercando di cucire le ferite; lei è tanto giovane, vitale...

Mi dia Lei dottore, per piacere, una parola per trovare pace alla mia anima, al mio cuore.

La ringrazio

Maria

 

Il coraggio della verità

 

Cara Maria, la sua lettera è commovente. E molto coraggiosa. Ha il coraggio della verità. La verità della violenza che Isabella ha subìto e che è emersa dopo oltre dieci anni.

Questo abuso poteva restare compresso dentro la mente della vittima, come spesso succede  e invece, pur tardivamente, è venuto fuori, evitando così di aggiungere, con l’ulteriore trascorrere del tempo e del silenzio, altre pene a sua figlia.

Un’infinità di persone passa l’intera esistenza con segreti terribili e con silenzi stressanti dentro il proprio cuore, senza l’opportunità di rompere quel mutismo, senza la possibilità di comunicare o condividere quei segreti. Questo è l’aspetto positivo su cui la invito a riflettere, per non farsi trascinare dallo sconforto e dal senso di colpa: sua figlia in qualche modo è riuscita a parlare!

Sono convinto che in qualche misura è anche merito di ciò che ha ricevuto affettivamente dalla propria madre.

In effetti, a pochi metri di distanza da dove viviamo, si possono consumare violenze terribili ai danni dei bambini e delle bambine senza che ce ne accorgiamo, perché quella violenza tende a circondarsi di omertà, di segretezza, di minaccia e di inganno.

Inoltre la nostra mente è troppo impreparata a sopportare il dolore, si volta dall’altra parte di fronte alle informazioni che ci disturbano. Sappiamo che certi cibi o certe abitudini ci fanno male, ma fingiamo di non saperlo: preferiamo allontanarci mentalmente dai dati spiacevoli. Così capita molto spesso che gli adulti non riescano a soffermarsi adeguatamente sui segnali del malessere dei bambini e delle bambine, che i genitori facciano fatica a mettersi in posizione di ascolto e ad esplorare con il dialogo le radici del disagio dei figli e delle figlie.

Quel che è avvenuto a lei è comprensibile, vorrei dire, paradossalmente, è normale.

Ho ascoltato centinaia e centinaia di storie come la sua. Costituiscono un aspetto della normalità della violenza sessuale sui piccoli. Le madri possono essere distratte per migliaia di ragioni, possono non essere preparate o non disponibili a pensare al peggio, possono autorassicurarsi di fronte a dati allarmanti che andrebbero invece approfonditi con la vicinanza e con la comunicazione. Possono non essere pronte o attrezzate ad ipotizzare che l’abuso sessuale possa scatenarsi ovunque e comunque, che la tentazione di usare il corpo dei bambini e delle bambine possa manifestarsi in ogni luogo e in ogni contesto da parte di adulti perversi.

E gli adulti perversi sono più numerosi di quanto pensiamo e più distruttivi e capaci di nascondersi di quanto non ci piaccia.

Ma non perdiamo la fiducia perché non c’è solo perversione attorno a noi, anche se dobbiamo imparare a diventare più vigili, più attenti, più diffidenti, senza perdere la fiducia nelle risorse di amore, di comprensione e di ascolto presenti nella mente umana.

Ho sentito tante, tantissime madri come lei. Ho pensato anche alla possibilità di costruire un’aggregazione di madri che hanno vissuto un’esperienza drammatica come la sua per favorire una comunicazione tra donne sfortunate che non hanno potuto e saputo avere gli occhi più aperti, le orecchie più sensibili.

Quando in effetti queste madri si ritrovano in gruppo possono capirsi reciprocamente, possono comprendere ed affrontare due compiti estremamente impegnativi, talvolta addirittura schiaccianti, a cui queste donne devono far fronte: accettare di aver dato fiducia a un uomo non solo inadeguato, ma addirittura perverso; accettare di non essere riuscite a proteggere il figlio o la figlia dalla violenza. Accettare senza crollare, senza perdere la speranza di una riparazione…

Lei si sente terribilmente in colpa. La capisco. Ha bisogno di riflettere sui propri comportamenti, con qualcuno che la comprenda e la aiuti. Ha necessità di prendersi le proprie responsabilità per poter ascoltare sua figlia, per poter accettare la rabbia di Isabella, per poterle chiedere sinceramente scusa. Ma è inutile torturarsi. Lei ha fatto ciò che ha potuto fare e non ha fatto ciò che non ha potuto fare. Autodistruggersi con i sensi di colpa è dannoso per lei e non serve in alcun modo ad Isabella.

Lei, Maria,  certamente non ha saputo ascoltare sua figlia bambina, ma sicuramente l’ha rifornita di una quota rilevante di amore, se dopo diversi anni è ritornata da lei. Per fortuna l’“anima ferita e spezzata” di sua figlia s’è aperta alla mamma e la mamma, a giudicare dall’email che mi ha inviato, è in grado di aprire la propria mente al dolore e al cambiamento, alla riflessione sul passato e sul presente.

Lei è in grado di accettare di essersi voltata dall’altra parte di fronte al malessere di Isabella bambina, lei è in grado di riconoscere con sofferenza di non aver saputo garantire a sua figlia una vigile attenzione. Tenga conto che la mente umana, e dunque non solo la sua, tende abitualmente a fuggire dalla consapevolezza.

Per questo la gente è attratta molto di più dalla ricerca dello sballo in tutte le sue varianti che non dall’impegno a comprendere i problemi e a guardare la realtà; preferisce di gran lunga gli stimoli del più banale consumismo o delle più stupide trasmissioni televisive alla consapevolezza delle sofferenze che circolano nella nostra comunità e in ciascuno di noi.

Ammetta con sua figlia francamente la sua mancanza, senza giustificarsi ma chiarendo le ragioni della sua grave disattenzione. Eviti tuttavia di tormentarsi. Un sincero riconoscimento delle nostre mancanze come genitori può trovare talvolta la comprensione dei figli verso i quali abbiamo mancato.

Che lei abbia incontrato uno psicologo che non ha preso in considerazione l’ipotesi dell’abuso, che non ha saputo approfondire i segnali di malessere di Isabella bambina, per me non fa notizia. Un numero consistente di psicologi non ha alcuna preparazione all’ascolto e al trattamento del trauma. Anche questo dato purtroppo è ricorrente e rientra, ahinoi, nella sconcertante normalità della violenza, la cui ripetizione è direttamente proporzionale all’indifferenza e all’insensibilità di coloro che si sottraggono all’ascolto, invece di agire da testimoni consapevoli e capaci di offrire soccorso.

 La saluto e auguri per tutto.

Comments


bottom of page